Scheda
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Titolo | Daniele Barbaro e la cultura scientifica veneziana del '500. |
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Autore | Tafuri, Manfredo |
Autori | () |
Informazione Bibliografica / Fonte | p. (55)-81 in Cultura, scienze e tecniche nella Venezia del Cinquecento : atti del Convegno internazionale di studio Giovan Battista Benedetti e il suo tempo. Venezia : Istituto veneto di scienze lettere ed arti, 1987. 503 p. |
Lingua / Fonte | ITA |
Editore | Venezia : Istituto veneto di scienze lettere ed arti |
Tipo Documento | book article |
Anno di Pubblicazione | 1987 |
Convegno/Conferenza | Convegno internazionale di studio Giovan Battista Benedetti e il suo tempo<1987 ; Venezia> |
Abstract in Lingua Inglese | In this paper, Tafuri considers the work of Daniele Barbaro, the patriarch elect of Aquileia from 1550 and author of the translation of and comment on the De Architectura of Vitruvius (first edition 1556, second edition 1567), in relation to the 16th. century scientific thought in Venice and Urbino. Barbaro's writings develop a metaphorical interpretation of architecture as a visible expression of "good government" and rationality: a blend of the philosophy of Plato with the Ethics and Politics of Aristotle. The architect is thus considered as someone who governs and leads the "arti" or craft-based skills by means of a superior Wisdom which enables him to "understand the causes". This attitude clashes with Venetian tradition and is reflected in the controversies which convulsed building circles in the Republic in the late 16th. century. Barbaro's work is also related to that of his friends and successors engaged in renewing mathematics and technical studies: Giuseppe Moleto, Francesco Barozzi, Nicolò Zen, the reformer of the Arsenal and "Provveditore sopra i Beni Inculti", Guidobaldo del Monte, Gian Vincenzo Pinelli, Jacopo Contarini. What emerges is a network of relationship which created the ground on which Galileo's thought was based, though the political situation in Venice made it difficult for the ideas and techniques thus developed to be fully implemented there. |
Abstract in Lingua Italiana | In questo saggio viene considerata l'opera di Daniele Barbaro, patriarca eletto di Aquileia dal 1550 e autore della traduzione e del commento al De Architectura di Vitruvio (prima edizione 1556, seconda edizione 1567), in relazione al pensiero scientifico del '500 a Venezia come espressione visibile di "buon governo" e di razionalità: la filosofia di Platone viene coniugata all'Etica e alla Politica di Aristotele. L'architetto è così considerato colui che domina le "arti" tramite una Sapienza che "conosce le cagioni". Il che entra in contrasto con la tradizione veneziana, riflettendosi nelle polemiche che agitano i grandi cantieri della Serenissima alla fine del '50. L'opera di Barbaro è inoltre messa in relazione a quella dei suoi amici e successori impegnati nel rinnovamento delle matematiche e delle tecniche: Giuseppe Moleto, Francesco Barozzi, Nicolò Zen, riformatore dell'Arsenale e provveditore sopra i Beni Inculti, Guidobaldo del Monte, Gian Vincenzo Pinelli, Jacopo Contarini. Ne esce una trama di relazioni che prepara l'humus su cui si fonderà il pensiero di Galileo, mentre le condizioni del dibattito politico renderanno difficile, a Venezia, la piena esplicitazione dei nuovi paradigmi e delle nuove tecniche così prefigurate. |
Dafne Access Number | dafne:1071662317 |
Collocazione | BOB716 2a |
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